OMBREVAGHE – Un silenzio condiviso

La storia di Ombrevaghe comincia esattamente un anno fa, ispirata dalla naturale malinconia dello Ionio di Calabria – che farà da cornice all’imminente mostra del 3 agosto al PAROS – Experience di Sibari – e dalla noia estiva di due giovani amiche di lunga data.

 

“Alla fine della scorsa estate, sono andata ai Laghi di Sibari per trascorrere del tempo con la mia fedele compagna. Uno di quei giorni la nostra pigrizia ci aveva fatto stendere sul letto e proprio lì, di fronte a noi, c’era un quadro. Come spesso accade nei nostri silenzi condivisi ci siamo trovate a scrutare insieme quest’opera, cominciai a farmi delle domande su come fosse stata realizzata e nel parlarne l’una affianco all’altra ci fu uno sguardo dal quale nacque l’idea. “Realizziamo qualcosa di nostro” e da lì abbiamo ritrovato l’entusiasmo di quando eravamo bambine.” – Erica Aiello

 

Erica Aiello ha venticinque anni, si è laureata in giurisprudenza e ha un po’ di cose in comune con Francesca Rizzo: stessa età, stesso quartiere, stesso asilo, percorso di studi affine, stesso bisogno di esprimersi, stessa umiltà. Entrambe portano con leggerezza lo stigma dell’enfant peintre, entrambe consapevoli che nell’arte non c’è nulla da dimostrare. Ombrevaghe nasce, come tutte le cose, per caso ma non troppo: è un progetto aperto che fiorisce allo zenit fra le personalità artistiche di queste due giovani donne che condividono lo stesso immaginario e lo rielaborano con esiti convergenti e divergenti allo stesso tempo.

 

E.A. : Non c’è un preciso momento al quale ricondurre la nascita di questa passione, entrambe abbiamo sempre avuto una propensione per ogni forma espressiva, dallo scarabocchiare tra i banchi di scuola, all’aiutare la zia di Cicci, Angela, nelle realizzazioni delle sue creazioni, in quei pomeriggi invernali che trascorrevamo a casa sua. Ancora ricordo che i miei preferiti in assoluto e che attendevo con ansia di anno in anno, erano degli agrifogli di filo di rame che sua zia realizzava nel periodo natalizio.

F.R.: In casa mia si respira arte: ogni quadro, statua, drappo, stoffa è stato realizzato da mia zia, con la quale ho vissuto fino a pochi mesi fa, e ogni foto esposta scattata da mio padre. Ogni volta che mia zia comprava le tele per i suoi quadri, ne portava una più piccola per me, ed ero la bimba più felice del mondo. Ancor più mi affascinava la Nikon a rullini di mio padre, che con infinita pazienza mi spiegava tutto su come inquadrare il soggetto, svelandomi che attraverso un mirino la vista sul mondo è migliore. Erica è sempre stata a scuola la più brava a disegnare (oltre me?!) e ricordo che spesso, già da piccole, abbiamo scarabocchiato insieme. La decisione definitiva di “fondare” Ombrevaghe però è stata presa circa un anno fa, al mare, desiderando di creare qualcosa su vetro, così è nato “Pavone”, realizzato su due pannelli identici e simmetrici, in modo tale che si percepisca la fusione delle nostre creatività ma la differenza delle due mani.

Tutte le opere comuni sono pitture realizzate su vetro similcattedrale e policarbonato con piombo liquido. Effettivamente distinguere le due mani è ardua impresa…le ho viste lavorare: la stanza di Francesca aveva un’aria da bottega del cinquecento, portavano due bandane assurde, erano precise, fulminee, direi felici. I quadri di Erica sono oli su tela, mentre per i disegni adoperano carboncino, matita e penna o quello che capita.

Francesca si occupa anche di fotografia. Il loro progetto coniuga infatti la lentezza del disegno con la rapidità dello scatto. Ho chiesto a entrambe di parlarmi dei loro artisti di riferimento:

 

F.R. : Vorrei imparare a dipingere come un impressionista, potrei guardare un quadro di Monet per ore e provare sensazioni diverse ogni minuto. L’impressionismo, per me, è il movimento artistico in cui la pittura ha raggiunto il livello massimo di bellezza e di sentimento. Dal punto di vista fotografico, nonostante la mia attitudine sia la street photo, rimango esterrefatta dalle foto di alcuni ritrattisti, uno su tutti Irving Penn e la sua serie dei “Worlds in a small room”, o ancora Richard Avedon e i ritratti in bianco e nero. E non posso non sognare di fronte a fotografi di moda, immaginandomi al loro posto, come Steven Meisel, Mario Testino, ecc.

E.A. : Amo ogni forma d’arte, potrei fermarmi e fissare anche il disegno di un bambino privo di una qualsiasi tecnica e consapevolezza. Penso non esista un artista o un movimento che non mi piaccia, al massimo non rientra nella mia comprensione, e questo potrebbe anche essere una spinta verso la curiosità. Se proprio dovessi esprimere una preferenza, la mia attenzione ricadrebbe sull’espressionismo, vedere il mondo come una proiezione del soggetto, e quindi con gli occhi di Vincent Van Gogh, Henri Matisse, Emil Nolde; di quest’ultimo ho assistito a una mostra durante la mia permanenza a Dublino.

 

Negli ultimi sei mesi Erica ha vissuto a Dublino e Francesca si è trasferita a Milano. La lontananza ha fatto sì che intensificassero le collaborazioni. Ad agosto si ricongiungeranno con molti progetti in mente e chissà cos’altro. Io non le perderei d’occhio.

Alma Aurora Paci

 

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